giovedì 13 novembre 2008

Culto di Hera e vincolo sangue-terra

Muoviamo dal presupposto che l’attuale razza bianca “europoide” scaturisce dalla sovrapposizione storica di altre due grandi stirpi .: gli indoeuropei e i paleoeuropei (quest’ultimi hanno nel loro archetipo l’uomo di Cromagnon)
Gli indoeuropei (o Arii) erano generalmente pastori e guerrieri connessi al nomadismo delle grandi lande dell’Europa centro-orientale e settentrionale e si compaginavano in austere società di tipo patriarcale.
I paleoeuropei invece popolavano l’Europa occidentale e mediterranea praticando attività territorialmente stabili come l’agricoltura e l’allevamento. Sul piano sociale formavano comunità nelle quali prevaleva il temperamento pacifico e matriarcale.
Tali differenti peculiarità propiziarono l’invasione degli indoeuropei nell’intero spettro continentale (II millennio a.C.) e la sovrapposizione e il “dominium” sociale di questi sulle popolazioni autoctone, ma fu al tempo stesso foriero di quell’efficace e benefico crogiuolo dal quale è andata successivamente plasmandosi la grande civiltà europea, articolata nelle sue specifiche forme nazionali, imperiali, culturali, spirituali, sociali.
L’aspetto religioso-spirituale anticamente aveva la sua rilevanza. E nel nostro caso si predispone come “termoregolatore” per proiettarci alle nostre più intime origini.
Ritornando alla dualità d’origine sopra indicata, la religiosità indoeuropea anteponeva nel proprio pantheon i culti celesti e uranici (Zeus, Apollo, Marte, Mercurio…) conformi più che altro ad una “weltanschuang” decisamente patriarcale e guerriera.
Quella paleoeuropea , invece, innucleava il proprio ethos devozionale sulle divinità lunari e ctoniche, sui culti della Terra e della Grande Madre, coerentemente alla loro indole di agricoltori: tribù delle quali preferivano una cultura radicata, sedentaria, autarchica al cospetto delle consuetudini nomadi e conquistatrici degli Arii.
I Romani e i Greci ,ma anche gli Italici e i Celti, configurando in gran parte la logica deduzione di questo amplesso etnico, tuttaltro che magmatico e informe, assorbirono ambedue le cultualità collocando ai vertici del loro pantheon sia grandi figure “celesti-solari” maschili (Zeus-Giove, Apollo, Ares-Marte etc…) sia grandi figure femminili (Hera-Giunone, Venere-Afrodite, Minerva-Atene etc..).. Non tragga in inganno la cosa. Non di certo tutto ciò lasciava intendere che l’implementazione di retaggi agro-matriarcali rimandasse alle fisime egualitarie e ginecocratiche sittanto osannate nel decomposto contesto attuale.
Le societas romane , elleniche e italiche assunsero, in varie misure, un ordinamento severamente aristocratico e guerriero (essendo i nuclei indoeuropei porsi a capo di esse) ma dalle consuetudini euromediterranee incorporarono il genuino valore che può germinare attraverso un saldo nexum tra l’uomo e la terra, e per riflesso , l’amore per la patria (terra dei padri). Il connubio divino tra sangue e suolo prendeva forma permeando gradualmente tutto il tessuto umano europeo.

Nella Piana del Sele i Greci sibariti (fondatori di Posidonia) nel VI secolo a.C. trasferirono e imposero il culto di Hera Argiva, il cui embrione rimanda alla polis di Argo (patria del mitologico Giasone).
Il Mito di Hera, la ‘giunonica’ dea dalle bianche e lunghe braccia, si incarnava nelle vesti di protettrice dei raccolti, custode delle partorienti e della fedeltà matrimoniale. In suo onore fu eretto un tempio alla foce del Sele (Heraion) e una basilica all’interno della polis di Posidonia. Cultualità che fu ossequiata e proseguita dai Lucani quanto dai Romani..
L’Heraion finì ingoiato dalla palude e dal bradisismo e Posidonia (Paestum) fu messa ferro e fuoco dai devastanti allogeni Saraceni.
Il culto di Hera sembrò svaporarsi e sprofondare assieme alle lapidee rovine dei suoi templi…ma non fu così. I paleo-cristiani del luogo, di fronte alle perpetue scorrerie arabe, ripararono sopra i monti sovrastanti la piana fondando villaggi e comunità come Calpatium (odierna Capaccio) nelle quali fu salvato e riproposto il culto di Hera nelle nuove sembianze della Madonna del Granato.
E’ incredibile la similarità delle due figure. La statua di Hera Argiva rinvenuta presso l’Heraion reca con sè nella mano sinistra il melograno (simbolo di fecondità) e si posiziona seduta su di un trono regale. L’iconografia della Vergine del Granato, tuttoggi oggetto di culto della comunità locale, riespone le identiche fattezze (con l’aggiunta del Bambino sulla parte destra) del suo archetipo. La sopravvivenza, seppur in diverse forme liturgiche, di tale culto rappresenta il segno di una continuità spirituale plurimillenaria.
Lo scenario attuale della Piana presenta l’insidioso popolamento di allogeni islamici, parenti molto prossimi ai loro ascendenti incursori e pirateschi, il cui lascito a noi postumi è più che palese e tangibile.
Incombe il pericolo di una frattura meta-temporale e temporale tracciata dal solco faglioso che intercorre tra l’uomo e la sua terra natìa.
Occorre rigenerare questo connubio reciso dalla cultura dominante e deformante,
occorre ricostruire la mitica simbiosi attraverso il rispetto della nostra Kultur tradizionale e dei nostri miti,
occorre rievocare in sé le energie latenti che ci ricoagulino con la sovradimensione divina del Sangue e della Terra.
E’ questo un compito inderogabile da assolvere nell’attesa per nulla remota della sfida titanica che tale epoca frappone al nostro Destino.

Silarus

Nessun commento: