lunedì 5 gennaio 2009

QUESTIONE IMMIGRAZIONE

Questione: gli immigrati fanno i lavori che gli europei non vogliono più fare, quindi l’immigrazione è una risorsa, un fenomeno positivo.A chi usa questa tesi per giustificare e promuovere l’immigrazione extraeuropea rispondo con alcune semplici argomentazioni.Innanzitutto i “lavori duri” in questione sono lavori che i nostri popoli europei da grandi lavoratori hanno sempre svolto nei secoli passati. Come mai allora c’è bisogno di importare qualcun altro che li faccia per noi? Molti risponderebbero che non vogliamo più farli noi. Io rispondo che è la società egualitarista e progressista in cui viviamo la vera colpevole di questo cambio di rotta. Mi spiego: in questa società dove tutti siamo uguali nessuno svolge più i ruoli che svolgeva una volta. Le donne sono uguali agli uomini, i contadini e gli operai uguali agli imprenditori e ai dottori eccetera. L’antico equilibrio è stato spezzato senza però che ce ne fosse un altro a sostituirlo. E’ il grandissimo limite del progresso, davanti al quale bisognerebbe fermarsi e pensare se si sta procedendo nella direzione giusta. E cambiare rotta superando un’“abitudine progressista” non è impossibile, basta solo pensare a come si faceva prima senza di essa, visto che si viveva comunque nell’armonia: i contadini passavano il terreno ai figli, i fabbri tramandavano ai figli l’arte del mestiere, ecc.Un’altra tesi insensata usata dagli immigrazionisti riguarda il fenomeno della sovrappopolazione: c’è sovrappopolazione, quindi c’è bisogno di più lavoratori, quindi si importano immigrati. Evidentemente sono troppo limitati per capire che ormai la sovrappopolazione è causata dall’immigrazione stessa.E se ciò non bastasse a convincere i più convinti immigrazionisti, è bene che questi si porgano una domanda davanti alla loro coscienza: vale veramente la pena di distruggere la nostra Civiltà, contaminare la nostra Stirpe e mettere fine alla nostra Storia solo per la nostra pigrizia, per dei nostri piccoli capricci? La domanda è retorica e merita una riflessione personale approfondita. Sarebbe, per fare un paragone, come dover scegliere se vivere una settimana di felicità e spensieratezza senza lavorare o una vita di fatiche e difficoltà, ma consapevoli che il proprio lavoro è parte di un progetto che è iniziato prima di noi e che noi abbiamo il dovere di portare avanti.Proviamo solo a pensare a cosa sarebbe successo se i nostri Avi avessero fatto come noi facciamo ora, se ognuno avesse pensato esclusivamente ai propri interessi; pensiamo per esempio ad un’Europa senza Lepanto, senza l’Assedio di Vienna, senza Waterloo. Noi non esisteremmo, la nostra Civiltà nemmeno.Nella nostra storia più recente abbiamo esempi di colonialismo che hanno portato alla tratta degli schiavi. Erano forse più felici quei popoli d’Europa che importavano schiavi dall’Africa per fare i “lavori duri”? Hanno forse prodotto generazioni solide e nobili gli spagnoli che nel XVII secolo vivevano della rendita degli schiavi nelle colonie? No, al contrario si sono indeboliti e hanno rischiato di soccombere. Historia magistra vitae, la stessa cosa succederà a noi, con l’unica differenza che per noi la sconfitta sarà certa e sarà per sempre.Ai popoli d’Europa non resta che riunirsi sotto un’unica grande bandiera, trovare la forza per superare anche questo momento difficile solo con i propri mezzi, e tornare all’antico Spirito che ha reso fino ad oggi l’Europa intramontabile. Noi siamo parte dell’Europa, siamo artefici della Storia. Sta quindi solo a noi, europei del XXI secolo, cedere alla pigrizia e alle soluzioni più facili, e quindi inevitabilmente soccombere, o scegliere l’atavica via dell’orgoglio, della preservazione e del lavoro: cioè garantire un futuro ai nostri discendenti.

Doge

http://doge91.blogspot.com/

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